La pesca straordinaria: non solo un miracolo

Pesca miracolosa è la sintesi un po’ troppo sbrigativa del vangelo di questa domenica (Luca 5, 1-11). A parte il riferimento al miracolo (termine raro nel Nuovo Testamento, soprattutto nei Vangeli), la lettura del testo suggerisce molto di più, soprattutto di non ridurre il racconto a un episodio eccezionale, ma di valorizzarlo in certo modo come anticipazione programmatica, collegandolo con diversi altri testi biblici e più in generale con tutta l’opera di Gesù.

La pesca che riempie di stupore i pescatori del lago (Luca nomina i fratelli Giacomo e Giovanni “soci di Simone”, senza rammentare Andrea, fratello di Simone) è la premessa della chiamata di Gesù, e la scelta di lasciare tutto e seguirlo avviene dopo che Gesù ha operato varie guarigioni, insegnato alle folle, predicato nelle sinagoghe della Giudea. Invece nei racconti di Matteo e Marco la chiamata dei pescatori del lago precede gli insegnamenti e le guarigioni.

Non ci interessa tanto la scansione cronologica degli avvenimenti, quanto il fatto che Luca leghi la decisione di seguire Gesù all’ascolto della sua parola, al prodigio a cui hanno assistito – e di cui sono i beneficiari – e più in generale alla risonanza della sua opera messianica. Leggendo Marco e Matteo sembrerebbe che Pietro e i suoi compagni vadano dietro a uno sconosciuto, che invece tale non è nel racconto di Luca: per la fama che di lui si è diffusa, per aver ascoltato la sua parola ed essere testimoni dell’eccezionale pesca. Insomma, coinvolti in un incontro straordinario.

Nel dialogo che accompagna lo svolgimento della pesca, Simone lo chiama prima MAESTRO e poi SIGNORE: due titoli che anticipano la piena rivelazione che Gesù farà di sé e che culminerà nella passione e risurrezione. Questo passo del Vangelo anticipa ciò che Gesù manifesterà, come anche nei primi discepoli che lo seguono cominciamo a scorgere i germi di quella comunità credente di cui Luca narrerà il grande sviluppo nel libro degli Atti. Ma già qui, la scelta di seguire Gesù non è separata dall’aver ascoltato il suo insegnamento (il Maestro) e dall’aver assistito ai prodigi da lui operati (il Signore).

Altro aspetto anticipatore dello sviluppo del racconto è lo stupore/paura che assale Pietro e i suoi compagni di fonte al prodigio e l’invito di Gesù a non temere: elementi che ritroveremo nei racconti della risurrezione.

Attualizziamo questo Vangelo nella vita, nelle vicende di chi oggi prova a credere in Gesù. Ci può essere la tentazione di cercarlo per chiedergli di compiere qualche prodigio, senza prima esserci confrontati seriamente col suo insegnamento. In altre parole: bypassare il Maestro cercando subito il Signore. Così diamo più peso alle nostre parole, a quello che noi gli chiediamo (dalla salute dei nostri cari alla pace nel mondo…) che a quello che lui ha da dirci, a quella Parola che dovrebbe mettere ordine nella nostra vita, rivelarcene il senso.

Ancora: ottenuto il prodigio, Simone e gli altri non si curano di portare al mercato tutto quel pesce e ricavarne un bel gruzzolo, ma mettono da parte i benefici soggettivi in vista di un disegno più grande, fidandosi di Gesù e mettendosi in gioco dietro a lui, anche senza capire molto. Domandiamoci se il Dio in cui crediamo è quello che speriamo ci aiuti a raggiungere i nostri obiettivi e realizzare i nostri progetti, o invece Colui che ci chiede di condividere la sua causa, di situare la nostra vita e la storia del mondo dentro il suo disegno di salvezza.

Un’ultima estemporanea attualizzazione: Pietro e i suoi compagni riempiono di pesci le barche fino quasi a farle affondate. Poi Gesù li chiama a diventare “pescatori di uomini”. Oggi, in un altro mare, altre barche stracolme di persone consegnano alla morte i loro passeggeri, e uomini di potere scelgono deliberatamente di non soccorrere, di non portare a riva. Smettiamo di dirci cristiani!

Buona domenica.

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