Pentecoste, gioia del bene che si diffonde e vaccinazione dall’egoismo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio.

Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».

(Gv 15,26-27; 16,12-15)

 

Uomini e donne di popoli e razze diverse ascoltano, ciascuno nella propria lingua, le grandi OPERE DI DIO raccontate dagli apostoli, su cui è disceso lo SPIRITO SANTO in forma di fiamme di fuoco. E prima si è sentito un rombo come di tuono, e un vento impetuoso ha spalancato porte e finestre.

Pentecoste è festa di novità e di libertà, energia diffusiva di bene, di vita buona. Per spiegare ciò che accade ai credenti, Paolo – lettera ai Galati, cap. 5 – contrappone la CARNE allo SPIRITO: la prima produce opere (al plurale, segno di una varietà scomposta) che inquinano dimensioni fondamentali della vita: il rapporto con Dio (idolatria, stregonerie), le relazioni interpersonali (impurità, dissolutezza… ) e quelle sociali (dissensi, divisioni, fazioni…). Invece l’agire dello Spirito, che pure si dispiega in molte forme, ha un’origine unificante e Paolo lo descrive cumulativamente con la parola FRUTTO (al singolare) da cui si dispiegano amore, gioia, pace, benevolenza…

Nel discorso di addio, pronunciato durante l’ultima cena, Gesù aveva preannunciato il dono dello Spirito, cui fa riferimento il Vangelo di oggi, soprattutto attraverso due parole: verità e testimonianza. Verità non è solo ciò che si deve sapere, ma la fonte di quel che siamo chiamati a vivere. Sarà lo Spirito ad annunciarlo, facendocene dono: “prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà”. Quando Gesù applica a se stesso il termine VERITÀ lo fa unendolo alla VIA e alla VITA, Gesù non è un maestro di sapienza, ma percorre davanti a noi la strada ed è il Signore della vita, che parla attraverso tutte le sue azioni e, in modo definitivo, attraverso il dono totale di sé.

Il suo annuncio è ciò che vive, come opera, soprattutto quando si prende cura di piccoli, poveri, disperati, peccatori. Capovolge l’uso del “mio” (aggettivo possessivo, spesso inteso come esclusivo ed escludente) dal momento che Gesù ciò che possiede lo fa diventare strumento di dono: il MIO corpo dato PER VOI.

Per questo stamani, commentando il Vangelo ai bambini che ricevevano il Corpo di Gesù per la prima volta, ho detto (soprattutto ai genitori) che la PRIMA COMUNIONE va intesa come un VACCINO: grazie al dono totale di Gesù noi vacciniamo i nostri ragazzi dell’egoismo!

E lo Spirito Santo, nella Messa, lo invochiamo sul Pane e sul vino perché diventino quel Corpo e quel Sangue che sono davvero il Sacramento del dono di Gesù, e poi di nuovo lo invochiamo su tutti noi riuniti come Chiesa “perché diventiamo in Cristo un solo corpo e un solo spirito”.

Nella Pentecoste lo Spirito donato non può mai diventare appannaggio del singolo credente, ma principio di unità nella carità. Quello che diciamo e facciamo intorno all’altare, bisogna poi – ecco la testimonianza! – uscire di Chiesa per annunciarlo con la vita: gioia di quel dono che ci rende a nostra volta dono.

Buona Pentecoste!